mercoledì 30 marzo 2011

Silvia Tagliaferri

“Foetus” (olio su tela, cm 50x70, 2009)























“L’appeso” (olio su tela, cm 80x80, 2009)

















“Life” (olio su tela, cm 50x70, 2010)




















Silvia Tagliaferri: 06/07/1973 - 27/03/2011

giovedì 24 marzo 2011

Essere per la morte

La morte sovrasta l'esserci.

La morte non è affatto una semplice presenza non ancora attuatasi, non è un mancare ultimo ridotto ad minimum, ma è, prima di tutto, un'imminenza che sovrasta.

Ma all'esserci, come essere-nel-mondo, sovrastano molte cose.

Il carattere d'imminenza sovrastante non è esclusivo della morte.

Un'interpretazione del genere potrebbe far credere che la morte sia un evento che s'incontra nel mondo, minaccioso nella sua imminenza. Un temporale può sovrastare come imminente; la riparazione d'una casa, l'arrivo d'un amico, possono essere imminenti; tutte cose, queste, che sono semplici presenze o utilizzabili o compresenze.

Il sovrastare della morte non ha un essere di questo genere.

(...)
La morte è una possibilità di essere che l'esserci stesso deve sempre assumersi da sé.

Nella morte l'esserci sovrasta se stesso nel suo poter-essere più proprio.

In questa possibilità ne va per l'esserci puramente e semplicemente del suo essere-nel-mondo.
La morte è per l'esserci la possibilità di non-poter-più-esserci.
Poiché in questa possibilità l'esserci sovrasta se stesso, esso viene completamente rimandato al proprio poter-essere più proprio.

In questo sovrastare dell'esserci a se stesso, dileguano tutti i rapporti con gli altri esserci.
Questa possibilità assolutamente propria e incondizionata è, nel contempo, l'estrema. Nella sua qualità di poter-essere, l'esserci non può superare la possibilità della morte. La morte è la possibilità della pura e semplice impossibilità dell'esserci. Così la morte si rivela come la possibilità più propria, incondizionata e insuperabile. Come tale è un'imminenza sovrastante specifica.

(...)
Questa possibilità più propria, incondizionata e insuperabile, l'esserci non se la crea accessoriamente e occasionalmente nel corso del suo essere.
Se l'esserci esiste, è anche già gettato in questa possibilità.

(...)
L'esser-gettato nella morte gli si rivela nel modo più originario e penetrante nella situazione emotiva dell'angoscia. Un'angoscia davanti alla morte è angoscia davanti al poter-essere più proprio, incondizionato e insuperabile.

(...)
L'angoscia non dev'essere confusa con la paura davanti al decesso. Essa non è affatto una tonalità emotiva di 'depressione', contingente, casuale, alla mercé dell'individuo; in quanto situazione emotiva fondamentale dell'esserci, essa costituisce l'apertura dell'esserci al suo esistere come esser-gettato per la propria fine.

Si fa così chiaro il concetto esistenziale dei morire come esser-gettato nel poter-essere più proprio, incondizionato e insuperabile, e si approfondisce la differenza rispetto al semplice scomparire, al puro cessare di vivere e all'esperienza vissuta dei decesso.

(...)
Un'interpretazione pubblica dell'esserci dice: "Si muore"; ma poiché si allude sempre a ognuno degli Altri e a noi nella forma dei Si anonimo, si sottintende: di volta in volta non sono io. Infatti il Si è il nessuno.

(...)
Il morire, che è mio in modo assolutamente insostituibile, è confuso con un fatto di comune accadimento che capita al Si. Questo tipico discorso parla della morte come di un "caso" che ha luogo continuamente. Esso fa passare la morte come qualcosa che è sempre già "accaduto", coprendone il carattere di possibilità e quindi le caratteristiche di incondizionatezza e di insuperabilità. Con quest'equivoco l'esserci si pone nella condizione di perdersi nel Si proprio rispetto al poter-essere che più di ogni altro costituisce il suo se-Stesso più proprio. Il Si fonda e approfondisce la tentazione di coprire a se stesso l'essere-per-la-morte più proprio. Questo movimento di diversione dalla morte coprendola domina a tal punto la quotidianità che, nell'essere-assieme, "i parenti più prossimi" vanno sovente ripetendo al "morente" che egli sfuggirà certamente alla morte e potrà far ritorno alla tranquilla quotidianità del mondo di cui si prendeva cura. Questo "aver cura" vuol così "consolare il morente". Ci si preoccupa di riportarlo nell'esserci, aiutandolo a nascondersi la possibilità del suo essere più propria, incondizionata e insuperabile.
Il Si, si prende cura di una costante tranquillizzazione nei confronti della morte.
In realtà ciò non vale solo per il "morente" ma altrettanto per i consolanti.

(...)
Il Si non ha il coraggio dell'angoscia davanti alla morte.

(...)
Nell'angoscia davanti alla morte, l'esserci è condotto davanti a se stesso in quanto rimesso alla sua possibilità insuperabile. Il Si si prende cura di trasformare quest'angoscia in paura di fronte a un evento che sopravverrà. Un'angoscia, banalizzata equivocamente in paura, è presentata come una debolezza che un esserci sicuro di sé non deve conoscere.

(...)
Un essere-per-la-morte è l'anticipazione di un poter-essere di quell'ente il cui modo dì essere è l'anticiparsi stesso. Nella scoperta anticipante di questo poter-essere, l'esserci si apre a se stesso nei confronti della sua possibilità estrema. Ma progettarsi sul poter essere più proprio significa poter comprendere se stesso entro l'essere dell'ente così svelato: l'anticipazione dischiude all'esistenza, come sua estrema possibilità, la rinuncia a se stessa, dissolvendo in tal modo ogni solidificazione su posizioni esistenziali raggiunte.

(Martin Heidegger, Sein und Zeit, 1927)

mercoledì 16 marzo 2011

Oltre il muro del sonno - 027

Mi stavo laureando una terza volta e Max Fontana era invitato alla discussione della tesi.
C'era anche Christopher Walken e quando ci presentammo non riuscii a non fargli i complimenti per I Cancelli Del Cielo di Michael Cimino, film nel quale Walken aveva partecipato.

lunedì 14 marzo 2011

Oltre il muro del sonno - 026

Io e Tiziana ci trovavamo alla stazione dei treni di Milano dove avevo un appuntamento con l'autore di quell'edizione del libro della Genesi che mi ossessiona. Conosciuto l'autore, andammo a casa sua e ci fece vedere le tavole originali dell'opera, evidenziando il fatto che un personaggio di una tavola era identico a un particolare della Cappella Sistina, coincidenza che veniva spiegata dall'autore come prova dell'esistenza di un'Intelligenza aprioristica condivisa insita nei grandi artisti.

giovedì 10 marzo 2011

Oltre il muro del sonno - 025

Io e Luisa avevamo finalmente cambiato appartamento, e avevamo comperato un casa da ristrutturare sui colli, in mezzo a un bosco, collegata alla strada principale da un viale alberato. Aveva il garage sotterraneo per 2 auto, ma l'uscita era talmente bassa che non solo non ci passavao le auto, ma anche le persone per entrare e uscire dal garage dovevano strisciare per terra. Io stavo cercando con una mazza ad allargare l'uscita. Max e Enzo vennero a trovarci nella nuova dimora e rimasero felicemente sorpresi della nuova abitazione, che distava dal posto di lavoro della Luisa una ventina di minuti. La casa era vicina a un locale (il Covo?) e ad un pub irlandese. Inoltre il nostro vicino di casa era James Hetfield. Eravamo felici.

Oltre il muro del sonno - 024

Stavo guidando e l'auto cambiava improvvisamnete alimentazioen da gpl a benzina. Notavo così che un pieno di gas mi durava solo 150 km, contro i 400 in condizioni normali.

mercoledì 9 marzo 2011

Oltre il muro del sonno - 023

Io e Luisa dovevamo salire un week-end a Casotto per fare una grigliata con Max P. e signora, in maniera tale da poter anche organizzare il viaggio al concerto di Roger Waters. Già che salivo, avevo portato anche il mio amico Jimi Hendrix (!) alla grigliata.