venerdì 26 novembre 2010

V per Vendetta - Lettera di Valery



So che non posso in nessun modo convincerti che questo non è uno dei loro trucchi, ma non mi interessa. Io sono io.

Mi chiamo Valerie. Non credo che vivrò ancora a lungo e volevo raccontare a qualcuno la mia vita. Questa è l’unica autobiografia che scriverò e … Dio… mi tocca scriverla sulla carta igienica.

Sono nata a Nottingham nel 1985. Non ricordo molto dei miei primi anni, ma ricordo la pioggia.
Mia nonna aveva una fattoria a Totalbrook e mi diceva sempre che “Dio è nella pioggia”.
Superai l’esame di terza media ed entrai al liceo femminile. Fu a scuola che incontrai la mia prima ragazza: si chiamava Sara. Furono i suoi polsi… erano bellissimi. Pensavo che ci saremmo amate per sempre. Ricordo che il nostro insegnante ci disse che era una fase adolescenziale, che sarebbe passata crescendo. Per Sara fu così, per me no.

Nel 2002 mi innamorai di Christina. Quell’anno confessai la verità ai miei genitori. Non avrei potuto farlo senza Chris che mi teneva la mano. Mio padre ascoltava ma non mi guardava. Mi disse di andarmene e di non tornare mai più. Mia madre non disse niente, ma io avevo detto solo la verità, ero stata così egoista? Noi svendiamo la nostra onestà molto facilmente, ma in realtà è l’unica cosa che abbiamo, è il nostro ultimo piccolo spazio… All’interno di quel centimetro siamo liberi.

Avevo sempre saputo cosa fare nella vita, e nel 2015 recitai nel mio primo film: “Le pianure di sale”. Fu il ruolo più importante della mia vita, non per la mia carriera ma perché fu lì che incontrai Ruth. La prima volta che ci baciammo, capii che non avrei mai più voluto baciare altre labbra al di fuori delle sue.
Andammo a vivere insieme in un appartamentino a Londra. Lei coltivava le Scarlett Carson per me nel vaso sulla finestra e la nostra casa profumava sempre di rose. Furono gli anni più belli della mia vita.
Ma la guerra in America divorò quasi tutto e alla fine arrivò a Londra.
A quel punto non ci furono più rose… per nessuno.

Ricordo come cominciò a cambiare il significato delle parole. Parole poco comuni come fiancheggiatore e risanamento divennero spaventose, mentre cose come Fuoco Norreno e gli articoli della fedeltà divennero potenti. Ricordo come diverso diventò pericoloso. Ancora non capisco perché ci odiano così tanto.
Presero Ruth mentre faceva la spesa. Non ho mai pianto tanto in vita mia. Non passò molto tempo prima che venissero a prendere anche me.
Sembra strano che la mia vita debba finire in un posto così orribile, ma per tre anni ho avuto le rose e non ho chiesto scusa a nessuno.
Morirò qui… tutto di me finirà… tutto… tranne quell’ultimo centimetro… un centimetro… è piccolo, ed è fragile, ma è l’unica cosa al mondo che valga la pena di avere.
Non dobbiamo mai perderlo, o svenderlo, non dobbiamo permettere che ce lo rubino… Spero che chiunque tu sia, almeno tu, possa fuggire da questo posto; spero che il mondo cambi e le cose vadano meglio ma quello che spero più di ogni altra cosa è che tu capisca cosa intendo quando dico che anche se non ti conosco, anche se non ti conoscerò mai, anche se non riderò, e non piangerò con te, e non ti bacerò, mai… io ti amo, dal più profondo del cuore… Io ti amo.

- Valerie -

lunedì 15 novembre 2010

L'uomo senza sonno

A volte mi sveglio sfinito. Il sonno non mi riposa, mi affatica, come se Morfeo non mi abbracciasse tutta la notte, ma mi facesse correre senza sosta tra colline irte e vali scoscese, facendomi sentire per intero il peso del mio corpo, organo dopo organo, tessuto dopo tessuto. Mi metto a sedere e penso a come potrebbe essere un sonno senza pensieri, un motivo idiota da canticchiare sotto la doccia della mia stanchezza, e in quel mentre le palpebre si chiudono e ritorno a combattere con i miei fantasmi, in una lotta estenuante dalla quale mi sveglierò distrutto con la voglia di un vero sonno.

venerdì 12 novembre 2010

Alice 003

Stanotte ho sognato te e la Luisa. Eravamo ad una festa con molta gente, c'era anche Luca ma stava al banco e parlava con altri, non si curava di me, in relatà l'unica che si curava di me era luisa che mi fissava insieme a delle sue amiche, e io tutte le volte che mi guardava diventavo sempre più bambina e mi vergognavo da matti e solo lei e io ce ne accorgevamo, tu mi chiedevi di tenere dei rami fioriti di rosso con cui dovevi fare una sorpresa a lei...

lunedì 8 novembre 2010

Bad Chickens

Ecco le mie generazioni:
Valeria Solanas ha ucciso Nuova Carne, Rosaria Nicosia ha ucciso Nuova Carne, Maria Grazia Greco ha ucciso Nuova Carne, Sabrina Misseri ha ucciso Nuova Carne, Amanda Knox ha ucciso Nuova Carne, Annamaria Franzoni ha ucciso Nuova Carne, Aileen Wuornos ha ucciso Nuova Carne, Puente Dorothea ha ucciso Nuova Carne, Myra Hindley ha ucciso Nuova Carne, Erika De Nardo ha ucciso Nuova Carne, Laura De Nardo ha ucciso Nuova Carne, Christine Falling ha ucciso Nuova Carne, Caterina Fort ha ucciso Nuova Carne, Ruth Ellis ha ucciso Nuova Carne, Anjette Lyles ha ucciso Nuova Carne, Leonarda Cianciulli ha ucciso Nuova Carne, Lizzie Borden ha ucciso Nuova Carne, Erzsebet Bathory ha ucciso Nuova Carne. Thelma Carter ha ucciso Nuova Carne. Ma solo mia moglie ha ucciso Me.



Oltre il muro del sonno - 020

Stavo facendo una gita tra i colli di Bologna con mia madre e mia moglie, poi ci eravamo divisi: mia moglie era andata per conto suo.
Io e mia madre intanto ci incamminavamo verso le montagne, e grazie a un software di Augmented Reality notammo un castello nascosto sul lato di un monte.
Andammo lì e ritrovammo mia moglie in compagnia dei suoi colleghi di lavoro, una delle quali aveva conosciuto suo padre quand'era in vita. Questa raccontò a Luisa un aneddoto su suo padre: "Una volta gli chiedemmo: 'Signor XXX, lei non ha paura del giudizio di Dio?' E lui rispose: 'Il giudizio di Dio mi interesserà quando sarò morto, ma ora sono vivo e conta il giudizio degli uomini'".
Questo aneddoto riempì di emozione mia moglie.
Intanto mia madre mi suggeriva di andare a casa a preparare una spaghettata, lasciando gli spaghetti saltare in padella dopo essere stati scolati e conditi.

Oltre il muro del sonno - 019

Mi ritrovavo a vivere con Gisy in via Banchieri a Modena.
Al mattino, dopo essermi risvegliato, mi accorgevo che il bagno era sparito e al suo posto c'era una camera da letto. L'appartamento era condiviso con ragazze di colore.

giovedì 4 novembre 2010

Infernal Ready-made

Prologo

La parola si rivela come carne ritornata verbo, come un virus venuto dall'altrove per attaccare e conquistare il sistema sensoriale e permettere all'uomo contagiato di RELAZIONARE tramite suoni, giocando con quelle bombe inesplose che sono le parole, poiché, nei giochi di parole si nasconde il segreto del Creato, la genesi di qualcosa non predestinata a nascere ma concepita parallelamente ad un altro significato che, come un embrione parassita, ne utilizza il corpo per portare a termine la sua gravidanza e nascere. Le parole sono ready-made e i ready-made portano con sé l'Inferno:

Infernal ready-made

Si accorse che l'ago con il quale stava giocando era il passaggio spazio/tempo tra il nostro mondo e il mondo rallentato dell'eroina.

Come se una madre sifilitica giocasse con il pene del proprio neonato, cercando, sotto la pelle, la rosea freschezza di un glande immaturo.

Perché smettere proprio ora? Aveva portato le proprie fibre all'eccesso e poteva ancora continuare nella scalata iperbolica del proprio Io.

Alla seconda contrazione capì che qualcosa era andata male: si formarono strane smagliature sul suo ventre che modellavano un nascituro mostruoso.

E tirò indietro l'orologio di alcune ore, tenendo così conto del diverso fuso orario presente nel mondo dell'eroina.

Sempre più spesso, il vomito mi sembrava più interessante del 90% dei quadri presenti nei musei di arte moderna.

E vide dentro di se il feto pregarla affinché non realizzasse il terribile piano che gli aveva riservato.

L'uccidere mosche era per lui un modo di archiviare le salme anonime di Auschwiz e Dacau.

Abbondando con l'estremismo sadomasochista in un amplesso che durò pochi secondi: il tempo di morire.

Giunse il ciclo, fiume in pena che portava con se i detriti dell'architettura uterina.

Sembrava quasi che l'azzurro del cielo entrasse per intero nella sua pupilla dilatata.

L'umanità sparì nell'attimo in cui il bimbo si mise a sognare.

Fu così che conobbi l'Aids, in un cesso di una stazione.

Finché morte e colore si fusero insieme in un unico significato.

Notò proprio allora che il sangue sul pene era suo.

Doveva lavarsi di dosso quel pungente odore di urina.

Tutto quel panico per un banale cancro uterino.

Mi accorsi che l'ossigeno era finito.

Uscendo velocemente per non morire soffocati.

Alla fine saremmo morti tutti.

Guardava senza alcuna speranza.

Fitte di dolore.

Troppo tardi.

No.



Marcello Del Campo

(iS-ii-iEET)