mercoledì 14 ottobre 2009
Quello che voglio non è quello che tu pensi che io voglia
Qund'ero piccolo ci fu un periodo che ero profondamente triste.
Il motivo era tanto irrisorio quanto immenso.
Avevo rotto la pistola con la quale giocavo con i miei amici: il grilletto era saltato e per me era impossibile giocare in quelle condizioni.
Dopo giorni e giorni di sofferenza, lo dissi a mia madre che quasi si commosse: qualche giorno dopo mi arrivò un pistolone stile Winchester molto più bello del mio giocattolo oramai rotto.
Ma non riuscii ad esserne felice: la pistola più piccola che avevo prima mi piaceva di più.
martedì 29 settembre 2009
Il villaggio è vicino ?
Mio nonno soleva dire: “La vita è incredibilmente breve. Oggi, nel ricordo, mi si accorcia a tal punto che a malapena, per esempio, riesco a concepire come un giovanotto possa decidere di recarsi a cavallo fino al villaggio vicino senza il timore che, a prescindere da accidenti sfortunati, il tempo stesso di una vita normale e serenamente vissuta sia di gran lunga inadeguato a tale viaggio”
(Franz Kafka, Das nächste Dorf, 1919)
(Franz Kafka, Das nächste Dorf, 1919)
venerdì 18 settembre 2009
Carne
La carne è la materia organica costituente gli animali, con particolare riferimento ai tessuti molli dei medesimi ed ancora più specificamente al tessuto muscolare, parte pregiata contrapposta alle interiora.
(da Wikipedia)
"E scommetto che pensi di aver risvegliato tu la
mia carne, ma tu della carne conosci i precisi canoni della societa', non riesci a superare antiche paure, il terrore malsano della carne...
Abbi grinta o rinuncia a toccare il cielo!
E non sto parlando di sesso e di penetrazione, io parlo di penetrazione oltre il velo della carne... un tuffo profondo e penetrante oltre la polla del plasma."
(da La Mosca di David Cronenberg)
"A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità, Giovanni gli rende testimonianza e grida: “Ecco l’uomo di cui io dissi: Colui che viene dopo di me mi è passato avanti, perché era prima di me”."
(Dal Vangelo secondo Giovanni 1,1-18)
"Non si vedeva niente.
C'erano fiamme alte fino al soffitto, fumo.
E si sentiva odore di carne bruciata"
(Dal resoconto di Fabio Simonetta, sopravvissuto al rogo della Thyssen)
(da Wikipedia)
"E scommetto che pensi di aver risvegliato tu la
mia carne, ma tu della carne conosci i precisi canoni della societa', non riesci a superare antiche paure, il terrore malsano della carne...
Abbi grinta o rinuncia a toccare il cielo!
E non sto parlando di sesso e di penetrazione, io parlo di penetrazione oltre il velo della carne... un tuffo profondo e penetrante oltre la polla del plasma."
(da La Mosca di David Cronenberg)
"A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità, Giovanni gli rende testimonianza e grida: “Ecco l’uomo di cui io dissi: Colui che viene dopo di me mi è passato avanti, perché era prima di me”."
(Dal Vangelo secondo Giovanni 1,1-18)
"Non si vedeva niente.
C'erano fiamme alte fino al soffitto, fumo.
E si sentiva odore di carne bruciata"
(Dal resoconto di Fabio Simonetta, sopravvissuto al rogo della Thyssen)
lunedì 14 settembre 2009
Asa nisi masa
Peter Greenway (un regista che non amo molto) disse anni fa che il cinema è, espressivamente parlando, decenni indietro alla letteratura.
Bunuel diceva inoltre che "sarebbe sufficiente che la palpebra bianca dello schermo possa riflettere la luce che le è propria per far saltare l'universo".
Effettivamente, mi sembra che il potenziale espressivo del cinema raramente venga utilizzato appieno. Federico Fellini in 8 1/2 riesce però a farlo.
Bergson ci ricorda che se ci si distacca dal modello matematico-quantitativo, cui si é legati per tradizione, ci si accorge che il tempo é piuttosto una successione di stati qualitativi della coscienza, gli uni diversi dagli altri, ma anche gli uni intimamente connessi agli altri; in questa successione, infatti, i momenti precedenti si fondono con i momenti immediatamente successivi, senza che sia possibile ravvisare cesure interne al tutto, così come in una melodia le note, sebbene siano qualitativamente diverse, si fondono in un processo unitario senza soluzioni di continuità. A questa intuizione qualitativa del tempo, Bergson dà il nome di durata reale.
Fellini in 8 1/2 mostra questo tempo reale. Il vissuto di una persona non è fatta di soli fatti, ma anche di intenzioni, di ricordi, di fantasie, di appuntamenti mancati e conflitti irrisolti, e il vissuto globale non può essere che un'amalgama di tutto questo. Non può esistere un rapporto antitetico tra vita vissuta e vita sognata/ricordata/desiderata, in quanto la vita vissuta è anche vita sognata/ricordata/desiderata.
Se le contraddizioni sono un tabù della logica tanto che vengono messe al bando da un principio di non-contraddizione, nella vita reale (non spazializzata) sono uno dei tanti elementi costitutivi e costruttivi.
Dal punto di vista estetico, Fellini in 8 1/2 realizza un'opera inarrivabile nell'uso non convenzionale della mdp, che scorre tra i volti che affollano l'inquadratura per poi fermarsi a seguire il viso di un'attore fino a che questo non entra nel "centro gravitazionale" di un altro, per quindi re-iniziare il gioco del movimento di macchina, quasi fosse una corsa a staffetta. Mi verrebbe da dire che realizza in cinema il procedimento sinaptico tipico del sistema cognitivo umano.
Anche l'uso dell'audio è incredibile. Ad un certo punto, verso l'inizio, Guido "straccia l'audio", appallottolando la lettera che stava leggendo mentalmente. La "Cavalcata delle Valchirie" dell'inizio, orchestra una panoramica dell'inutile, dove non c'è niente ma proprio niente di epico, al contrario di quel che farà anni dopo Coppola con Apocalypse Now. Il costante rovesciamento di luoghi comuni sia nelle inquadrature che nell'audio è una costante di questo capolavoro.
Asa Nisi Masa, come il Rosabella di Orson Welles, ci dice che la nostra A-Ni-Ma è il ricordo, il nostro spirito sta nell'essere (anche) i nostri desideri e le nostre impossibilità di agire. Non si perde MAI tempo. Al limite è il tempo che perde noi. Asa Nisi Masa.
Effettivamente, mi sembra che il potenziale espressivo del cinema raramente venga utilizzato appieno. Federico Fellini in 8 1/2 riesce però a farlo.
Bergson ci ricorda che se ci si distacca dal modello matematico-quantitativo, cui si é legati per tradizione, ci si accorge che il tempo é piuttosto una successione di stati qualitativi della coscienza, gli uni diversi dagli altri, ma anche gli uni intimamente connessi agli altri; in questa successione, infatti, i momenti precedenti si fondono con i momenti immediatamente successivi, senza che sia possibile ravvisare cesure interne al tutto, così come in una melodia le note, sebbene siano qualitativamente diverse, si fondono in un processo unitario senza soluzioni di continuità. A questa intuizione qualitativa del tempo, Bergson dà il nome di durata reale.
Fellini in 8 1/2 mostra questo tempo reale. Il vissuto di una persona non è fatta di soli fatti, ma anche di intenzioni, di ricordi, di fantasie, di appuntamenti mancati e conflitti irrisolti, e il vissuto globale non può essere che un'amalgama di tutto questo. Non può esistere un rapporto antitetico tra vita vissuta e vita sognata/ricordata/desiderata, in quanto la vita vissuta è anche vita sognata/ricordata/desiderata.
Se le contraddizioni sono un tabù della logica tanto che vengono messe al bando da un principio di non-contraddizione, nella vita reale (non spazializzata) sono uno dei tanti elementi costitutivi e costruttivi.
Dal punto di vista estetico, Fellini in 8 1/2 realizza un'opera inarrivabile nell'uso non convenzionale della mdp, che scorre tra i volti che affollano l'inquadratura per poi fermarsi a seguire il viso di un'attore fino a che questo non entra nel "centro gravitazionale" di un altro, per quindi re-iniziare il gioco del movimento di macchina, quasi fosse una corsa a staffetta. Mi verrebbe da dire che realizza in cinema il procedimento sinaptico tipico del sistema cognitivo umano.
Anche l'uso dell'audio è incredibile. Ad un certo punto, verso l'inizio, Guido "straccia l'audio", appallottolando la lettera che stava leggendo mentalmente. La "Cavalcata delle Valchirie" dell'inizio, orchestra una panoramica dell'inutile, dove non c'è niente ma proprio niente di epico, al contrario di quel che farà anni dopo Coppola con Apocalypse Now. Il costante rovesciamento di luoghi comuni sia nelle inquadrature che nell'audio è una costante di questo capolavoro.
Asa Nisi Masa, come il Rosabella di Orson Welles, ci dice che la nostra A-Ni-Ma è il ricordo, il nostro spirito sta nell'essere (anche) i nostri desideri e le nostre impossibilità di agire. Non si perde MAI tempo. Al limite è il tempo che perde noi. Asa Nisi Masa.
venerdì 4 settembre 2009
La solitudine nella Dolce Vita
Ho ri(visto)(vissuto) "La Dolce Vita" di Federico Fellini.
Marcello è un personaggio che cerca la sua "Strada", la sua realizzazione, pur vivendo (come Cabiria) in un mondo che non sente (più) suo.
Ha un'ammirazione per Steiner, l'intellettuale, apparentemente realizzato che però arriverà a commettere un terribile gesto, evidenziando che nemmento l'intelletto può concretizzare una realtà che si sfugge.
Esattemente come l'edonismo estremo. L'orgia oltre ad essere un momento (come nel Teatro d'Azione di Nitsch) di celebrazione della vita, è anche un momento (paradossalmente) di estrema solitudine, in quanto non c'è niente di più vicino alla morte del sesso/orgasmo.
Intelletto e carnalità sono fughe dalla realtà.
La "vera" realtà non è nella mondanità di una dolce vita, ma nel rendersi conto della purezza dello uno sguardo di una ragazzina, apparsa come pura visione, inafferrabile e incomprensibile, oasi inarrivabile di concretezza morale.
La verità che, lievemente, distoglie lo sguardo da Marcello e ci guarda sorridendo.
Marcello è un personaggio che cerca la sua "Strada", la sua realizzazione, pur vivendo (come Cabiria) in un mondo che non sente (più) suo.
Ha un'ammirazione per Steiner, l'intellettuale, apparentemente realizzato che però arriverà a commettere un terribile gesto, evidenziando che nemmento l'intelletto può concretizzare una realtà che si sfugge.
Esattemente come l'edonismo estremo. L'orgia oltre ad essere un momento (come nel Teatro d'Azione di Nitsch) di celebrazione della vita, è anche un momento (paradossalmente) di estrema solitudine, in quanto non c'è niente di più vicino alla morte del sesso/orgasmo.
Intelletto e carnalità sono fughe dalla realtà.
La "vera" realtà non è nella mondanità di una dolce vita, ma nel rendersi conto della purezza dello uno sguardo di una ragazzina, apparsa come pura visione, inafferrabile e incomprensibile, oasi inarrivabile di concretezza morale.
La verità che, lievemente, distoglie lo sguardo da Marcello e ci guarda sorridendo.
lunedì 24 agosto 2009
La metafisica esistenzialista di Antonioni
Giorgio De Chirico - Metafisica Piazza con enigma di un pomeriggio d’autunno (1913) |
Per giorni non ho pensato ad altro.
Alle immagini di quel film.
Un film veramente (finalmente!) ricco di immagini.
Ogni fotogramma sembra essere fotografia d'autore. I 10 minuti finali del film sono tra le cose più belle che il cinema, inteso come arte e non come forma d'intrattenimento, può vantare. Gli spazi dilatati dell'EUR romano, come i close-up, portano le situazioni in un'atmosfera metafisica che sembra uscita dai quadri di De Chirico, con rimandi anche alle "situazioni sospese" tipiche dei quadri di Edward Hopper. Anche il personaggio di Vittoria (Monica Vitti) sembra uscire da un quadro di Hopper, costantemente incerta, indefinita, irreale, incomunicabile.
Palazzo della Civiltà Italiana (1940) |
martedì 4 agosto 2009
Memorie dall'Aldilà
"Io che meditavo di andare dalla morte, non osai guardarle in faccia quando essa venne da me."
(...)
"Era la prima volta che vedevo morire qualcuno. Conoscevo la morte per sentito dire; se mai l’avevo vista già pietrificata sul volto di qualche cadavere cha avevo accompagnato al cimitero, o ne avevo riportato l’idea ammantata delle ampollosità retoriche dei professori di storia antica: la morte a tradimento di Cesare, quella stoica di Socrate, quella orgogliosa di Catone. Ma questo duello dell’essere e del non essere, la morte in atto, dolosa, contratta, convulsa, senza apparato politico o filosofico, la morte di una persona amata, quella fu la prima volta che potei vederla in faccia."
(Machado De Assis, Memórias Póstumas de Bras Cubas, 1881)
Mi sembra che il problema sollevato da Biagio Cubas (protagonista de Memorie dell'Aldilà di Machado De Assis) sia quello evidenziato dalla concezione dell'essere-per-la-morte di Heidegger: l'essere-per-la-morte è infatti il portare l'esperienza "neutra" della morte sulla propria persona. Nel momento che si-è-per-la-morte, essa, come possibilità dell'essere, fa vedere la fine di tutte le altre possibilità, mettendo in risalto la precarietà del tutto e la non stabilità delle cose. Questa possibilità ce la dà solamente il nostro morire, non il si muore. La morte impersonale non è un essere-per-la-morte e in questo modo non ci porta impietosamente davanti agli occhi la vacuità dell'agire e la finitezza delle cose. Lo sguardo della morte non è lo sguardo della propria morte.
(...)
"Era la prima volta che vedevo morire qualcuno. Conoscevo la morte per sentito dire; se mai l’avevo vista già pietrificata sul volto di qualche cadavere cha avevo accompagnato al cimitero, o ne avevo riportato l’idea ammantata delle ampollosità retoriche dei professori di storia antica: la morte a tradimento di Cesare, quella stoica di Socrate, quella orgogliosa di Catone. Ma questo duello dell’essere e del non essere, la morte in atto, dolosa, contratta, convulsa, senza apparato politico o filosofico, la morte di una persona amata, quella fu la prima volta che potei vederla in faccia."
(Machado De Assis, Memórias Póstumas de Bras Cubas, 1881)
Mi sembra che il problema sollevato da Biagio Cubas (protagonista de Memorie dell'Aldilà di Machado De Assis) sia quello evidenziato dalla concezione dell'essere-per-la-morte di Heidegger: l'essere-per-la-morte è infatti il portare l'esperienza "neutra" della morte sulla propria persona. Nel momento che si-è-per-la-morte, essa, come possibilità dell'essere, fa vedere la fine di tutte le altre possibilità, mettendo in risalto la precarietà del tutto e la non stabilità delle cose. Questa possibilità ce la dà solamente il nostro morire, non il si muore. La morte impersonale non è un essere-per-la-morte e in questo modo non ci porta impietosamente davanti agli occhi la vacuità dell'agire e la finitezza delle cose. Lo sguardo della morte non è lo sguardo della propria morte.
Pareidolia
Paranoia, immaginazione, allucinazione da overdose di politica.
E' fondamentale essere paranoici se vogliamo sopravvivere al pericolo imminente, anche qualora esso non esistesse minimamente.
Vedere quello che non c'è ma porebbe esserci, trasfigurare il reale in un doppio-triplo mondo che evidenzia la possibilità assoluta del disastro.
Perché una mancata erezione non deve sovrapporsi alla possibilità di sconfitta di un candidato alla presidenza?
Perché un lapsus non può, oltre a rivelare il vero pensiero soggettivo, suggerire la verità oggettiva, assoluta?
Oplepianamente, un cambio di consonanate non è detto che si limiti a creare un nuovo livello significativo, ma può creare un vangelo in cui la fede è non in Dio ma nel lapsus stesso.
Se il 6 fosse 9. Se la S fosse una B. Cadete montagne, ma non su di me. (Jimi Hendrix)
Barak O(s)(b)ama bin Laden.
E' fondamentale essere paranoici se vogliamo sopravvivere al pericolo imminente, anche qualora esso non esistesse minimamente.
Vedere quello che non c'è ma porebbe esserci, trasfigurare il reale in un doppio-triplo mondo che evidenzia la possibilità assoluta del disastro.
Perché una mancata erezione non deve sovrapporsi alla possibilità di sconfitta di un candidato alla presidenza?
Perché un lapsus non può, oltre a rivelare il vero pensiero soggettivo, suggerire la verità oggettiva, assoluta?
Oplepianamente, un cambio di consonanate non è detto che si limiti a creare un nuovo livello significativo, ma può creare un vangelo in cui la fede è non in Dio ma nel lapsus stesso.
Se il 6 fosse 9. Se la S fosse una B. Cadete montagne, ma non su di me. (Jimi Hendrix)
Barak O(s)(b)ama bin Laden.
giovedì 23 luglio 2009
Corpo senza organi
" E legatemi se volete,
ma non c'è nulla di più inutile di un organo.
ma non c'è nulla di più inutile di un organo.
Quando gli avrete fatto un corpo senza organi,
lo avrete allora liberato da tutti i suoi automatismi e reso alla sua autentica libertà.
Allora gli insegnerete di nuovo a danzare all'inverso
come nel delirio delle balere
e l'inverso sarà il suo autentico luogo. "
(Antonin Artaud, Pour en finir avec le jugement de dieu)
giovedì 16 luglio 2009
La memoria in Pupi Avati
In Festa di laurea, Regalo di Natale e Rivincita di Natale, c'è un uso costante ma diverso della memoria/flashback.
In Festa di Laurea, la memoria viene documentata dall'avvocato come cinema/finzione della realtà, e verrà poi riproposta appunto come finzione di una festa andata bene all'interno della ben più alta finzione che è il film stesso. Tale meccanismo si abbraccia perfettamente con l'idea della finta festa di Laurea (in raltà la studentessa non aveva conseguito la laurea dal momento che aveva finto di aver finito gli esami), e la memoria cinematografia che l'avvocato vuole avere difatto è la memoria di una festa falsamente riuscita di una finta laurea. Un'inganno nell'inganno. La stessa festa per Carlo Delle Piane è importante in quanto legata alla memoria di un bacio datogli dalla madre della festeggiata.
Nel Regalo di Natale, la memoria vene utilizzata per spiegare un po' alla volta allo spettatore come mai il rapporto tra Franco (Diego Abatantuono) e Ugo (Gianni Cavina) si era negli anni deteriorato, facendo in modo che lo svolgersi del film divenisse oltremodo un ricordare gli avvenimenti passati per poterli esorcizzare e ricostruire un'amicizia perduta.
Nella Rivincita di Natale, la memoria dei giocatori ripercorreva la partita di vent'anni prima, allo scopo filmico di creare la tensione dei vari momenti topici del film (la perdita della partita, le giocate particolarmente rischiose), sia allo scopo metafilmico di illustrare allo spettatore il perché i rapporti tra i personaggi erano diventati quelli che erano.
In Festa di Laurea, la memoria viene documentata dall'avvocato come cinema/finzione della realtà, e verrà poi riproposta appunto come finzione di una festa andata bene all'interno della ben più alta finzione che è il film stesso. Tale meccanismo si abbraccia perfettamente con l'idea della finta festa di Laurea (in raltà la studentessa non aveva conseguito la laurea dal momento che aveva finto di aver finito gli esami), e la memoria cinematografia che l'avvocato vuole avere difatto è la memoria di una festa falsamente riuscita di una finta laurea. Un'inganno nell'inganno. La stessa festa per Carlo Delle Piane è importante in quanto legata alla memoria di un bacio datogli dalla madre della festeggiata.
Nel Regalo di Natale, la memoria vene utilizzata per spiegare un po' alla volta allo spettatore come mai il rapporto tra Franco (Diego Abatantuono) e Ugo (Gianni Cavina) si era negli anni deteriorato, facendo in modo che lo svolgersi del film divenisse oltremodo un ricordare gli avvenimenti passati per poterli esorcizzare e ricostruire un'amicizia perduta.
Nella Rivincita di Natale, la memoria dei giocatori ripercorreva la partita di vent'anni prima, allo scopo filmico di creare la tensione dei vari momenti topici del film (la perdita della partita, le giocate particolarmente rischiose), sia allo scopo metafilmico di illustrare allo spettatore il perché i rapporti tra i personaggi erano diventati quelli che erano.
mercoledì 1 luglio 2009
L’immagine e lo specchio
Guardarsi allo specchio, notare la propria immagine ribaltata orizzontalmente che ti guarda, vedere il proprio viso spesso mutato dall’unto che ricopre lo specchio in un impossibile ritratto alla William Turner, in cui assurdi luccichii convivono con puntini escrementizi di mosche che copulavano con la propria immagine giorni prima... E quella distanza che intercorre tra te e la tua immagine riflessa, che non riesci ad annullare nemmeno toccando la superficie dello specchio, strutturalmente dovuta al vetro che ricopre il cromo ma che diventa simbolo dell’impossibilità di congiungersi con se stessi, di essere se stessi, non solo spazialmente, ma anche temporalmente, visto che l’immagine riflessa è sempre otticamente asincrona, relativisticamente non-simultanea.
Nel posizionarci all’interno di due specchi affissi alle ante di un armadio (non) vediamo la nostra immagine ripetersi indefinitamente ma comunque finitamente, come ci assicurano le leggi dell’ottica, in una successione di ritratti che immortalano nell’attimo l’evoluzione degli ultimi istanti: ogni immagine è “ferma” nel passato e più l’immagine è lontana, più è immagine di ciò che eravamo... milionesimi di secondo prima.
Nel guardarci allo specchio (non) vediamo il nostro invecchiamento.
Lo sguardo muore prima dell’immagine riflessa.
Nel posizionarci all’interno di due specchi affissi alle ante di un armadio (non) vediamo la nostra immagine ripetersi indefinitamente ma comunque finitamente, come ci assicurano le leggi dell’ottica, in una successione di ritratti che immortalano nell’attimo l’evoluzione degli ultimi istanti: ogni immagine è “ferma” nel passato e più l’immagine è lontana, più è immagine di ciò che eravamo... milionesimi di secondo prima.
Nel guardarci allo specchio (non) vediamo il nostro invecchiamento.
Lo sguardo muore prima dell’immagine riflessa.
martedì 30 giugno 2009
Kurt Vonnegut - Mattatoio 5 o La crociata dei Bambini
Vista a rovescio da Billy, la storia era questa: gli aerei americani, pieni di fori e di feriti e di cadaveri decollavano all'indietro da un campo di aviazione in Inghilterra.
Quando furono sopra la Francia, alcuni caccia tedeschi li raggiunsero, sempre volando all'indietro, e succhiarono proiettili e schegge da alcuni degli aerei e degli aviatori. Fecero lo stesso con alcuni bombardieri americani distrutti, che erano a terra e poi decollarono all'indietro, per unirsi alla formazione.
Lo stormo, volando all'indietro, sorvolò una città tedesca in fiamme. I bombardieri aprirono i portelli del vano bombe, esercitarono un miracoloso magnetismo che ridusse gli incendi e li raccolse in recipienti cilindrici di acciaio, e sollevarono questi recipienti fino a farli sparire nel ventre degli aerei.
I contenitori furono sistemati ordinatamente su alcune rastrelliere. Anche i tedeschi, là sotto, avevano degli strumenti portentosi, costituiti da lunghi tubi di acciaio. Li usavano per succhiare altri frammenti dagli aviatori e dagli aerei.
Ma c'erano ancora degli americani feriti, e qualche bombardiere era gravemente danneggiato. Sopra la Francia, però, i caccia tedeschi tornarono ad alzarsi e rimisero tutti e tutto a nuovo.
Quando i bombardieri tornarono alla base, i cilindri di acciaio furono tolti dalle rastrelliere e rimandati negli Stati Uniti, devo c'erano degli stabilimenti impegnati giorno e notte a smantellarli, e separarne il pericoloso contenuto e a riportarlo allo stato di minerale. Cosa commovente, erano soprattutto le donne a fare questo lavoro. I minerali venivano poi spediti a specialisti in zone remote.
Là dovevano rimetterli nel terreno e nasconderli per bene in modo che non potessero più fare male a nessuno. "
(Kurt Vonnegut, Slaughterhouse-Five; or, The Children's Crusade: A Duty-Dance With Death, 1969)
Link:
- Wikipedia
Quando furono sopra la Francia, alcuni caccia tedeschi li raggiunsero, sempre volando all'indietro, e succhiarono proiettili e schegge da alcuni degli aerei e degli aviatori. Fecero lo stesso con alcuni bombardieri americani distrutti, che erano a terra e poi decollarono all'indietro, per unirsi alla formazione.
Lo stormo, volando all'indietro, sorvolò una città tedesca in fiamme. I bombardieri aprirono i portelli del vano bombe, esercitarono un miracoloso magnetismo che ridusse gli incendi e li raccolse in recipienti cilindrici di acciaio, e sollevarono questi recipienti fino a farli sparire nel ventre degli aerei.
I contenitori furono sistemati ordinatamente su alcune rastrelliere. Anche i tedeschi, là sotto, avevano degli strumenti portentosi, costituiti da lunghi tubi di acciaio. Li usavano per succhiare altri frammenti dagli aviatori e dagli aerei.
Ma c'erano ancora degli americani feriti, e qualche bombardiere era gravemente danneggiato. Sopra la Francia, però, i caccia tedeschi tornarono ad alzarsi e rimisero tutti e tutto a nuovo.
Quando i bombardieri tornarono alla base, i cilindri di acciaio furono tolti dalle rastrelliere e rimandati negli Stati Uniti, devo c'erano degli stabilimenti impegnati giorno e notte a smantellarli, e separarne il pericoloso contenuto e a riportarlo allo stato di minerale. Cosa commovente, erano soprattutto le donne a fare questo lavoro. I minerali venivano poi spediti a specialisti in zone remote.
Là dovevano rimetterli nel terreno e nasconderli per bene in modo che non potessero più fare male a nessuno. "
(Kurt Vonnegut, Slaughterhouse-Five; or, The Children's Crusade: A Duty-Dance With Death, 1969)
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