« Ed ecco che
d'un tratto
tutto il paradiso
di Arnheim
si rivela, abbagliante,
allo sguardo.
Sgorga, come
onda sorgiva,
una maliosa melodia;
ci si sente
come oppressi
dalla sensazione
di profumi
strani e squisiti;
l'occhio coglie,
come intrichi
di sogni, snelli,
slanciati alberi

cespugli frondosi,
stormi d'uccelli
di porpora e d'oro;
e laghi fioriti
di gigli,
e prati
di viole,
tulipani, papaveri,
giacinti e tuberose;
e ruscelli che
s'intersecano
in lunghi fili
d'argento. »

(E.A. Poe,
The Domain of
Arnheim, 1847)
(...)
« Se mai vi fu
isola incantata
è questa.
Questa è la dimora
delle poche, gentili
Fate sopravvissute
all'estinzione
della loro stirpe.
Queste verdi
tombe sono
forse le loro?

la loro dolce vita
così come l'umanità
abbandona la propria?
O piuttosto,
morendo,
non si struggono
penosamente
rendendo a poco
a poco a Dio
la loro esistenza,
così come questi
alberi cedono
ombra dopo ombra,
esaurendo la loro
sostanza fino

non si dissolve?
Quel che l'albero
che si consuma
è per l'acqua
che ne assorbe
l'ombra,
facendosi più nera
per la preda che
ghermisce,
non sarà forse
la vita della Fata
per la morte
che l'inghiotte? ».
(E.A. Poe,
The island of the fay,
1841)
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