La Londra dei locali psichedelici e dei giovani drogati è un ambiente in cui Jerry Cornelius si muove perfettamente a suo agio. Non per niente suo padre aveva costruito un'enorme fortuna grazie all'LSD, e aveva passato questa passione ai figli. Un mondo completamente distorto e pazzesco, nel quale il furto, l'omicidio e l'incesto sono cose che non fanno più notizia, dove una festa può durare mesi, e gli invitati possono morire nel mezzo di una sala ed essere tranquillamente scavalcati dagli altri che vogliono ballare. Ogni valore morale sembra morto, sepolto sotto quintali di droga e menefreghismo; Moorcock approfitta con larghezza di questa situazione per i suoi scopi di puro divertissement. Ma non si può fare a meno di ritrovare nella storia di Jerry Cornelius una sottile vena tragica che nonostante tutto induce a sorridere, ma a sorridere di tristezza, con quella dolce e pacata malinconia che conduce con sé una razza che muore. Perché l'uomo sta morendo, si sta distruggendo, non con le bombe atomiche o con la guerra batteriologica, ma per mezzo dei suoi stessi sogni, della sua stessa civiltà. Una constatazione che l'autore lascia nell'ombra, che non discute apertamente, ma che adombra nel finale, nella creatura nuova che ha preso vita e che si trova di fronte ad un mondo finalmente "gustoso".
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