martedì 4 agosto 2009

Memorie dall'Aldilà

"Io che meditavo di andare dalla morte, non osai guardarle in faccia quando essa venne da me."

(...)

"Era la prima volta che vedevo morire qualcuno. Conoscevo la morte per sentito dire; se mai l’avevo vista già pietrificata sul volto di qualche cadavere cha avevo accompagnato al cimitero, o ne avevo riportato l’idea ammantata delle ampollosità retoriche dei professori di storia antica: la morte a tradimento di Cesare, quella stoica di Socrate, quella orgogliosa di Catone. Ma questo duello dell’essere e del non essere, la morte in atto, dolosa, contratta, convulsa, senza apparato politico o filosofico, la morte di una persona amata, quella fu la prima volta che potei vederla in faccia."

(Machado De Assis, Memórias Póstumas de Bras Cubas, 1881)


Mi sembra che il problema sollevato da Biagio Cubas (protagonista de Memorie dell'Aldilà di Machado De Assis) sia quello evidenziato dalla concezione dell'essere-per-la-morte di Heidegger: l'essere-per-la-morte è infatti il portare l'esperienza "neutra" della morte sulla propria persona. Nel momento che si-è-per-la-morte, essa, come possibilità dell'essere, fa vedere la fine di tutte le altre possibilità, mettendo in risalto la precarietà del tutto e la non stabilità delle cose. Questa possibilità ce la dà solamente il nostro morire, non il si muore. La morte impersonale non è un essere-per-la-morte e in questo modo non ci porta impietosamente davanti agli occhi la vacuità dell'agire e la finitezza delle cose. Lo sguardo della morte non è lo sguardo della propria morte.

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