lunedì 14 settembre 2009

Asa nisi masa


Peter Greenway (un regista che non amo molto) disse anni fa che il cinema è, espressivamente parlando, decenni indietro alla letteratura.
Bunuel diceva inoltre che "sarebbe sufficiente che la palpebra bianca dello schermo possa riflettere la luce che le è propria per far saltare l'universo".

Effettivamente, mi sembra che il potenziale espressivo del cinema raramente venga utilizzato appieno. Federico Fellini in 8 1/2 riesce però a farlo.

Bergson ci ricorda che se ci si distacca dal modello matematico-quantitativo, cui si é legati per tradizione, ci si accorge che il tempo é piuttosto una successione di stati qualitativi della coscienza, gli uni diversi dagli altri, ma anche gli uni intimamente connessi agli altri; in questa successione, infatti, i momenti precedenti si fondono con i momenti immediatamente successivi, senza che sia possibile ravvisare cesure interne al tutto, così come in una melodia le note, sebbene siano qualitativamente diverse, si fondono in un processo unitario senza soluzioni di continuità. A questa intuizione qualitativa del tempo, Bergson dà il nome di durata reale.

Fellini in 8 1/2 mostra questo tempo reale. Il vissuto di una persona non è fatta di soli fatti, ma anche di intenzioni, di ricordi, di fantasie, di appuntamenti mancati e conflitti irrisolti, e il vissuto globale non può essere che un'amalgama di tutto questo. Non può esistere un rapporto antitetico tra vita vissuta e vita sognata/ricordata/desiderata, in quanto la vita vissuta è anche vita sognata/ricordata/desiderata.

Se le contraddizioni sono un tabù della logica tanto che vengono messe al bando da un principio di non-contraddizione, nella vita reale (non spazializzata) sono uno dei tanti elementi costitutivi e costruttivi.

Dal punto di vista estetico, Fellini in 8 1/2 realizza un'opera inarrivabile nell'uso non convenzionale della mdp, che scorre tra i volti che affollano l'inquadratura per poi fermarsi a seguire il viso di un'attore fino a che questo non entra nel "centro gravitazionale" di un altro, per quindi re-iniziare il gioco del movimento di macchina, quasi fosse una corsa a staffetta. Mi verrebbe da dire che realizza in cinema il procedimento sinaptico tipico del sistema cognitivo umano.

Anche l'uso dell'audio è incredibile. Ad un certo punto, verso l'inizio, Guido "straccia l'audio", appallottolando la lettera che stava leggendo mentalmente. La "Cavalcata delle Valchirie" dell'inizio, orchestra una panoramica dell'inutile, dove non c'è niente ma proprio niente di epico, al contrario di quel che farà anni dopo Coppola con Apocalypse Now. Il costante rovesciamento di luoghi comuni sia nelle inquadrature che nell'audio è una costante di questo capolavoro.

Asa Nisi Masa, come il Rosabella di Orson Welles, ci dice che la nostra A-Ni-Ma è il ricordo, il nostro spirito sta nell'essere (anche) i nostri desideri e le nostre impossibilità di agire. Non si perde MAI tempo. Al limite è il tempo che perde noi. Asa Nisi Masa.


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