venerdì 4 settembre 2009

La solitudine nella Dolce Vita


Ho ri(visto)(vissuto) "La Dolce Vita" di Federico Fellini.

Marcello è un personaggio che cerca la sua "Strada", la sua realizzazione, pur vivendo (come Cabiria) in un mondo che non sente (più) suo.
Ha un'ammirazione per Steiner, l'intellettuale, apparentemente realizzato che però arriverà a commettere un terribile gesto, evidenziando che nemmento l'intelletto può concretizzare una realtà che si sfugge.
Esattemente come l'edonismo estremo. L'orgia oltre ad essere un momento (come nel Teatro d'Azione di Nitsch) di celebrazione della vita, è anche un momento (paradossalmente) di estrema solitudine, in quanto non c'è niente di più vicino alla morte del sesso/orgasmo.

Intelletto e carnalità sono fughe dalla realtà.

La "vera" realtà non è nella mondanità di una dolce vita, ma nel rendersi conto della purezza dello uno sguardo di una ragazzina, apparsa come pura visione, inafferrabile e incomprensibile, oasi inarrivabile di concretezza morale.

La verità che, lievemente, distoglie lo sguardo da Marcello e ci guarda sorridendo.

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